Arricchente e costruttivo è stato il pomeriggio per tutti coloro che hanno partecipato alla “Festa della pace” promossa dall’Azione Cattolica e dall’ APP ( Pastorale giovanile) del nostro decanato, in Agorà a Carate il 18 gennaio scorso.

Il sottotitolo del manifesto- invito “Pace in azione” ben sintetizza lo svolgersi delle varie attività previste per i diversi settori (A.C.R.-Adolescenti-Giovani/Adulti). Mentre i ragazzi si sono cimentati in attività coinvolgenti, volte sempre a sottolineare il valore della pace, i giovani e gli adulti hanno potuto partecipare ad un intenso dialogo con alcuni ospiti che hanno vissuto o stanno vivendo in prima persona esperienze in Paesi dove la convivenza è una sfida quotidiana.

In diretta da Gerusalemme il collegamento con la giornalista di TV 2000, Alessandra Buzzetti, ha consentito uno sguardo diretto sulle contraddizioni della Città Santa delle tre grandi religioni monoteiste, soprattutto in questo delicato momento di avvio di una tregua, tentativo preliminare ad un cessate il fuoco più solido e definitivo.

A seguire poi da Erbil, si sono ascoltate le parole di Miriam Ambrosini, operatrice dell’organizzazione Terres des Hommes, presente in Iraq per aiutare le persone più vulnerabili, soprattutto i bambini e tutelarli nel loro diritto all’educazione e all’istruzione.

Dalla città, centro nevralgico del Kurdistan iracheno, è arrivato tutto l’impegno quotidiano profuso per garantire una vita dignitosa a chi è stato provato da tensioni belliche e dalla povertà associata all’instabile equilibrio della coabitazione di popolazioni di diversa etnia.

In presenza è inoltre intervenuto Riccardo Paredi , docente presso il Pontificio Istituto di Studi Arabi e d’Islamistica,  che ha cercato in breve di rendere partecipe il pubblico della sua estesa esperienza del mondo Arabo, essendo vissuto a lungo in paesi Medio Orientali.

Palpabile l’emozione di sentirsi davvero ‘dentro’ la storia del Medio Oriente e vicini alle persone che vivono sul campo ciò di cui si ha solitamente notizia attraverso i media. Tutti gli interventi hanno infatti messo in luce una lettura più legata alla tragica situazione umanitaria descritta con empatia per chi condivide un contatto personale duraturo.

E’ stato detto che, pur essendo immersi in grandi vicende storiche, è spesso il quotidiano a dettare le azioni di chi vive in quei territori: la necessità di trovare del cibo per i propri bambini, il lavoro ordinario nell’attesa del rientro dei propri cari sottratti come ostaggi.

La densità degli incontri ha poi trovato slancio nel momento di preghiera conclusiva, che ha visto il riunirsi di tutti settori.

Ci si è lasciati anche ripensando all’invito che è stato fatto a ciascuno nel momento dell’accoglienza: un post-it ha raccolto l’impegno del singolo a fare un passo di pace. Ciascuno ha, in quel momento, pensato a sé, a cosa concretamente si impegnava a fare per la pace.

Tanti i suggerimenti, ricorrente quello di provare a ricucire i conflitti con il perdono.